La zia Liboria era una sorella di mio nonno. Da bambina aveva avuto la poliomelite ed era paralizzata da entrambe le gambe. Eppure, per molti anni, ha vissuto da sola e riusciva nonostante tutto ad essere autosufficiente. La sua casa era composta (come tante a quei tempi) da un unico locale con un soffitto a volta e, di fronte all’entrata, un’altra volta più bassa (alcova) dove c’era il letto. Si muoveva per casa facendo dondolare, con le braccia, una sedia abbassata in modo da poter toccare a terra con le gambe. Era una persona splendida, con due occhi vispi e un’intelligenza vivace. Tutti i nipoti e pronipoti eravamo legati a lei e frequentavamo la sua casa che in certi momenti si trasformava in un circolo di conversazione, di lettura o, ancor meglio, di pettegolezzo. Era molto curiosa, si interessava alle cose di tutti, agli innamoramenti e alle storie d’amore che a volte favoriva e agevolava. Viveva dell’aiuto dei fratelli, tra cui uno che viveva negli Stati Uniti, e che gli mandava periodicamente stoffe, abbigliamento e biancheria che lei riusciva a vendere ricavandone qualcosa. Aveva anche un piccolo podere che dava in affitto e anche questo gli procurava un utile che seppure modesto l’aiutava a vivere in modo dignitoso. La pensione e i sussidi per gli handicappati non arrivavano mai anche se ne avrebbe avuto tutti i diritti. Quando gli diedero una piccola pensione rimase riconoscente ad un onorevole siciliano (come se gli avesse fatto un piacere personale) che si era interessato al suo caso. Era già quasi anziana quando gli hanno assegnato una sedia a rotelle che non ha mai usato perché non ne era capace e preferiva continuare ad usare la sua sedia…
Era credente e, sulle pareti di casa, erano attaccati dei quadri, per lo più stampe, con raffigurazioni religiose.
Ce n’era uno diverso, a cui era molto legata, ed era un dipinto su vetro che raffigurava una Madonna. A noi sembrava molto bello, e probabilmente aveva qualche valore, visto che un giorno uno di quei personaggi che, proveniente dalla città, girava per le povere case alla ricerca di cose di valore da acquistare a cifre modeste.
Così il personaggio convinse la zia a vendergli il quadro. La zia Liboria anche se con il cuore pieno di dispiacere accettò la cifra e gli consegnò il dipinto. Solo, pochi istanti dopo, quando vide la parete vuota e l’uomo uscire con sottobraccio il quadro fu presa dal rimorso, cominciò a disperarsi e chiese ad un vicino di casa di correre dietro all’uomo e farsi riconsegnare il quadro contenta di restituirgli la cifra appena ricevuta per la compravendita. Fortunatamente l’uomo non fece resistenza e il quadro tornò al suo posto.
La storia del quadro mi è tornata in mente qualche anno fa quando a Palermo, in un museo, ne ho visto uno simile (che in questo caso però rappresenta Santa Rosalia) che ho fotografato e che pubblico a corredo di questo breve scritto.
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